Leandro Caselli e Carrara

di Daniele Canali

Leandro Caselli viene nominato ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Carrara nel dicembre 1883. Detta nomina e il relativo carteggio amministrativo sono ora conservate presso l’Archivio Storico del Comune di Carrara, busta 279, depositato presso l’Archivio di Stato di Massa. Caselli si ferma a Carrara tra il dicembre 1883 e l’aprile 1890. La sua attività professionale dedicata alla committenza privata data dal 1885 al 1890, con puntate conclusive fino al 1892. Il primo anno di lavoro a Carrara è interamente dedicato alla progettazione delle opere di risanamento e di ammodernamento degli spazi pubblici del centro abitato di Carrara e delle frazioni. I primi cinque mesi sono dedicati alla conoscenza diretta delle problematiche più urgenti, allo studio delle soluzioni opportune, alla “confidenza con la politica e con l’amministrazione”. Già nei primi mesi del nuovo anno deve occuparsi con urgenza di serie questioni igienico-sanitarie, infatti il 22 maggio 1884, presenta al Sindaco una relazione per l’ “urgente costruzione di alcune chiaviche sotto il suolo di strade pubbliche per raccogliere scoli di immondezzai e scarichi di acque dalle pubbliche fontane”. Il 6 agosto 1884, a seguito di una petizione di elettori della frazione, avanza la richiesta per la costruzione di “Una chiavica sotto il suolo di una strada di Gragnana che avrebbe il vantaggio di eliminare gli inconvenienti che oggi si lamentano di umidità e putridume”. Ogni relazione, dettagliatissima, è accompagnata da disegni di progetto e prospetto di spesa. Il tutto pensato per coniugare la massima qualità possibile con una rigorosa gestione finanziaria. Sempre nel 1884 si provvede alla costruzione di “marciapiedi di pietra arenaria e relative cunette nella via Garibaldi e nel Corso Vittorio Emanuele in riforma del pavimento delle nuove strade aperte o da aprirsi, comprese nel piano regolatore. Tutte le nuove strade aperte mancano di marciapiedi e di massicciata o lastricato; per alcune vie di poco transito basterà la collocazione di marciapiedi della larghezza di metri 1.40 e la formazione della massicciata con grossi detriti di roccia e scaglie di marmo. Per altre più frequentate converrà il lastricato di tutto il piano stradale. I marciapiedi si eseguiranno con pietra arenaria delle cave di Castelpoggio o della Foce: la qualità di queste pietre per resistenza all’attrito è superiore a quelle di Signa e di Pescia. E sebbene le dimensioni delle lastre non possano raggiungere sempre quelle delle arenarie di Toscana, è facile combinare un apparecchio di lastroni a giunti alternati, abbastanza elegante e solido. A titolo di esperimento propongo che in una delle vie frequentate si costruiscano i marciapiedi con lastre di gneiss o pietra di Luserna come si usa nelle città dell’Italia settentrionale e non lontano da qui, a Genova. Queste lastre di formazione naturale, di natura granitica quarzosa, presentano una grandissima resistenza all’attrito e la loro durata si può dire quadrupla di quella delle arenarie più o meno compatte. Per marciapiedi a cordonate convengono lastre dello spessore di 6 centimetri; il loro costo è di poco inferiore a quello delle arenarie, per cui il vantaggio che se ne può conseguire consiste essenzialmente nella maggiore durata. Per alcune strade della città dove è frequente il passaggio dei carri sarà utile la costruzione di una buone massicciata di pietrame della Foce o di Gragnana; per altre invece percorse quasi esclusivamente da passeggeri e carrozze converrà il lastricato di arenaria.  L’esecuzione di queste opere, che non si possono dire di grave necessità, ma che però sono utilissime per la viabilità, per il regime delle acque, per la salubrità delle vie, potrà farsi in un periodo lungo di anni, che si può fissare a dieci”. Scrive ancora il Caselli: “L’argomento è di odierno interesse ed ha dato luogo a discussioni più o meno scientifiche per la determinazione del miglior sistema igienico di fogne. Due sono i principi prevalenti: quello della circolazione sotterranea d’acqua, per lavare e trasportare ogni sorta di rifiuto umano all’aperta campagna, od al fiume, l’altro della diligente raccolta delle deiezioni animali col sistema dei pozzi neri o delle fosse mobili, e la fognatura per l’esclusiva raccolta delle acque piovane e di quelle delle cucine e di bagni. Nel caso della città di Carrara la scelta non può essere dubbia e non è mestiere il dire come si giustifichi la preferenza del secondo sistema poiché troppe sarebbero le difficoltà per l’applicazione del primo. L’uso delle fosse mobili per la diligente raccolta delle deiezioni umane è di impossibile applicazione nelle case di Carrara; si potrà tuttavia instaurare in alcuni degli edifizi pubblici che si dovessero erigere in avvenire. Più pratico è il mezzo delle fosse o pozzi neri a perfetta tenuta, ricavati nel sotto suolo delle case o delle vie e formati con pareti impermeabili ai liquidi. La fognatura di città deve conseguire diversi intenti ed in linea principale: I° – Il facile scolo delle acque piovane che si raccolgono sul suolo delle pubbliche strade e che provengono dalle contigue proprietà private. II° – La raccolta delle acque che hanno servito agli usi domestici. III° – Rendere asciutto il sotto suolo delle strade ed I fondi sotterranei delle case perché l’umido specialmente d’estate è favorevole condizione di fermentazione. IV° – Eliminazione di correnti d’aria infetta nelle strade e nelle case. Attualmente le fogne della città non soddisfano alle suaccennate condizioni . L’esecuzione di questi lavori non ammette lunga dilazione; il Municipio è assediato continuamente e specie nell’estate da ricorsi e proposte dei cittadini e della Commissione Sanitaria perché provveda ad eliminare lo stagnamento di acque o nelle cunette o nelle chiaviche, e nelle strade stesse. Nessun provvedimento serio ed efficace può prendersi dall’Amministrazione Comunale che valga come la costruzione completa e razionale delle fogne. Si richiedono almeno sei anni pel compimento di tutte le opere previste per le fogne, tenendo conto che la costruzione di esse dovrà essere combinata per molte strade colla costruzione della massicciata, del selciato o lastricato e dei marciapiedi. Nei primi tre anni si dovrebbero eseguire quelle di assoluta necessità, la loro costruzione importa la spesa di L. 218.100 e la completa fognatura verrebbe a costare L. 375.210”. Così la costruzione della fognatura di città progettata da Caselli e funzionante per un secolo, venne appaltata il 16 settembre 1885. Il 22 ottobre 1884 una turbolenta e decisa schiera di lavandaie grazzanesi si era recata in comune a recare la loro petizione e protesta per il fatto che il Casoni Tacca aveva “privatizzato” la gora deviandola in segheria e lasciando loro senz’acqua per lo svolgimento delle mansioni di lavanderia. Evidentemente il Caselli assistette agli eventi successivi i fatti e comunque prestò sempre attenzione e rispetto al fatto sociale e alle esigenze di tutti i cittadini. Per questa ragione già nel 1885 previde la costruzione di tre nuovi lavatoi pubblici. “I pubblici lavatoi sono indispensabili per agevolare la nettezza generale e per togliere lo sconcio e gli inconvenienti che attualmente si verificano pel fatto che le lavandaie o le donne di casa si recano a lavare i panni in mezzo all’abitato e lungo i canali irrigatori, il cui regime ne soffre. L’acqua di questi canali e del Carrione è sudicia e densa di materie che tiene in sospensione per cui la biancheria lavata non rimane nè pulita nè candida. “Tre altri lavatoi mi paiono indispensabili ai bisogni della città, da collocarsi nelle seguenti località: a) Alla Levatella od al Bugliolo; b) Al Boccalone nelle adiacenze del Ponte viadotto della Marmifera; c) Nei pressi del Teatro e più particolarmente sotto il Ponte di Groppoli”. “Ove lo si vedesse consono alle abitudini e soddisfacente ad un reale bisogno si potrebbe annettere, (…), un locale un pò ampio, in cui si possa installarvi una o due caldaie per la confezione di lisciva che dal custode verrebbe venduta alle lavandaie.” Il Caselli, in evidente contrasto con il piano regolatore vigente, presenta un programma di costruzione di giardini pubblici distribuiti “(…) su diversi punti della città: così a S. Francesco, alla Levatella verso Monterosso, al Baluardo, verso la stazione ecc.” Solo il primo sarà costruito; nel frattempo si procede ad un piano per la riforma delle condotte idriche  di città. “Questa riforma è voluta per l’igiene e per l’economia dinamica della condotta (…).”e nella relativa documentazione abbiamo una discussione tecnica notevole circa il migliore sistema per garantire durata della conduttura e abbattimento dei sali contenuti naturalmente nelle nostre acque. La sistemazione della via Carriona all’interno dell’abitato di Carrara è una delle questioni maggiormente sentite dalla popolazione tutta, insomma “un desiderio di antica data pei Carraresi è quello della sistemazione della Carriona dentro l’abitato, che sarà di vantaggio non solo alla viabilità generale, ma sarà un mezzo per risparmiare nella sua gravosa manutenzione. Il sistema più acconcio di pavimentazione per una tale strada è quello del lastricato a grossi dadi di granito delle alpi, della qualità più resistente all’attrito dei carri; la sienite della Balma (Biella) esclusivamente usata pei marciapiedi nelle città dell’Italia settentrionale: Milano,Torino, Genova. Lo sviluppo del tratto di Carriona che si dovrebbe lastricare con questo sistema è di metri 400; la sezione media sarebbe larga metri 6,50, di metri 4 di lastrico di granito e 2,50 in lastrico di arenaria.” Altro importante impegno è dato dalla progettazione del ponte sul Carrione alla Lugnola. Viene realizzato tra il 1884 e il 1890  in esecuzione agli indirizzi del piano regolatore del 1875. Sempre Caselli scrive nella relazione tecnica: “Un nuovo Ponte sul fiume Carrione, atto al passaggio dei pesanti carri-matti, che servono al trasporto dei blocchi di marmo, del peso sino a 30 tonnellate, tirati da 15 a 20 paia di buoi, le condizioni di altezza e gli accidenti della località, la differenza di livello dei due punti da congiungersi e lo sbocco di un torrente nel Carrione nel sito stesso dove si voleva imporre la testata ed una spalla del ponte, costituirono una serie di difficoltà, che vennero risolte con questo ponte , composto di tre archi di differente sesto ribassato, dello spessore di cm. 80 in chiave con armille esterne di marmo bianco-grigio e colle pile e spalle rivestite di bel calcare roseo delle cave di Castelpoggio e ricoperte con cuffie di arenaria di Fivizzano. Esso è coronato da una grandiosa cornice di marmo e da parapetto di ferro battuto. Nella spalla destra venne ricavata una rotta anulare di un quarto di giro circolare per facilitare lo sbocco del torrente Gragnana, affluente del fiume Carrione. La larghezza del ponte è di circa 9 metri, in lunghezza misura circa 50 metri, ed il suo costo fu di quasi lire 70 mila”. La spesa inizialmente preventivata era di lire 30 mila. Il nuovo ponte, oltre a risolvere un problema annoso, permetteva alla nuova strada detta Apuana, tracciata laddove le mura cittadine declinavano verso il fiume, di collegarsi con il nuovo viale di Potrignano e proseguire verso il luogo in cui sarà edificato il nuovo cimitero di Marcognano. Nel 1885 Caselli inizia l’impegno progettuale sulla parte est della città, meglio, su di uno spazio cioè ancora poco caratterizzato da abitazioni. La progettazione urbanistica e di edifici diverrà adesso la parte determinate del suo lavoro. Nella sua relazione  di accompagnamento al progetto di “apertura delle nuove strade del Piano Regolatore al Bugliolo, previste e decretate col piano regolatore della città, intese ad areare centri malsani di abitazione, ad aprire nuove strade per facilitare la fabbricazione di case e sopprimerne in pari tempo alcune che minacciano materiale rovina o sono in permanente danno alla sanità degli abitatori” comprendiamo la volontà della amministrazione di lottizzare l’ampia area di espansione cittadina. Da una attenta disamina delle mappe catastali, dei titoli di proprietà precedenti e successivi il piano del ‘76 possiamo dettagliare nei particolari la rapida crescita dei nuovi quartieri residenziali . Colpisce il fatto che Caselli perseveri nella sua visione generale della città come organismo razionale, positivo, e non aderisca a quel generalizzato e confuso saccheggio del territorio che in altre parti avveniva e che avrebbe portato presto a noti scandali finanziari rimbalzati anche nelle aule parlamentari. Continua ad immaginare la città futura e non transige sui tempi di attuazione delle indicazioni previste dal piano del 76: infatti “fra le opere comprese nel piano regolatore sono di somma necessità nell’interesse dell’igiene le seguenti: 1° – Demolizione delle case in faccia all’Ospedale e conseguente sistemazione del piazzale che ivi si viene formando. 2° – Apertura del vicolo dalla piazza delle Erbe alla volta del Livi con demolizione delle case da attraversarsi e sistemazione del vicolo. 3° – Apertura della via Castelfidardo in continuazione di via Marsala con demolizione delle case Rocchi, Anniboni, Goldemberger ecc. 4° – Sistemazione delle livellette e del suolo della via nuova di Puccinetta e del Colombarotto . 5° – Apertura della strada dal Ponte della Stazione al Colombarotto con demolizione di una casa del sig. Lavagnini. 6° – Apertura della nuova strada trasversale allo stradone S. Francesco ed alla via Cavour, dalla casa Masetti al Cimitero vecchio. 7° – Apertura e sistemazione di via Marsala con demolizione di parte della casa Fortini, Del Monte, Natali e Zaccagna. 8° – Demolizione delle case Cozzani, Raggi e di altre prospettanti la piazza d’Armi. 9° – Sistemazione della piazza d’Armi con rampe d’accesso alle vie a monte e a valle della stessa piazza. Apertura della strada che dallo Stradone all’angolo della casa Pelliccia tende alla Levatella” . In queste poche parole viene tratteggiata la città a noi nota ancora oggi. In questo anno 1885, così risolutivo e determinante per i futuri assetti urbanistici di Carrara, viene presentato il 1 maggio, nell’ambito della più complessiva “sistemazione del Piano Stradale in Città” anche il progetto per Piazza Risorgimento già piazza d’Armi: infatti “la sistemazione della Piazza d’Armi  è opera di qualche urgenza per l’importanza della piazza stessa e dei fabbricati contigui, quali le scuole femminili e le progettate scuole maschili, l’erigenda caserma dei Carabinieri ed il palazzo dell’Accademia.” Nemmeno due mesi dopo, il 4 luglio 1885 viene affisso l’avviso d’asta “ per l’appalto delle opere e provviste occorrenti alla sistemazione della Piazza d’Armi e della via laterale fra lo Stradone di S. Francesco e la Levatella, da compiersi nel termine di mesi otto”. La piazza prenderà la forma a noi nota e nel contempo nasce via Vittorio Emanuele II -ora Eugenio Chiesa- quale primo asse del quartiere di rappresentanza pubblica dietro cui andranno a comporsi i nuovi quartieri residenziali che, a loro volta, svilupperanno i loro edifici nello spazio tra la Levatella e Puccinetta. Risale alla metà del 1885 la prima significativa realizzazione edilizia per privati il cui progetto porti la firma dell’ ing. Leandro Caselli. Il progetto è presentato il Il 15 giugno 1885 e prevede la costruzione di una casa con un  fronte di 25 metri formata da un piano terreno e da un primo piano: casa Bombarda in via Puccinetta, adesso modificata e ristrutturata. Solo quattro giorni dopo, il 19 giugno 1885, dobbiamo registrare la presentazione da parte di Girolamo Fiaschi, Presidente della Camera di Commercio ed Arti di Carrara di un “ il progetto redatto dall’egregio Sig.re Ingegnere Leandro Caselli per l’innalzamento e riordinamento della Camera, sul corso Vittorio Emanuele ”. Al progetto non segue subito la realizzazione, infatti il palazzo è compiuto e terminato nel 1890 . A proposito di questo edificio il Donghi  scrive che : “ è un edifizio sorto sulla pianta di una casa privata, di cui si sono conservati i soli muri della parte inferiore; al piano terreno contiene gli uffizi della Posta e del Telegrafo ed una vasta sala-vestibolo riccamente decorata di marmi e stucchi nel soffitto. Il primo piano è occupato da un salone e dagli uffici per la Camera di Commercio della provincia. L’ultimo piano serve di abitazione. Nella parte principale ricorre un balcone in marmo sostenuto da eleganti mensole: I due prospetti principali bugnati fino al secondo piano sono decorati nell’ultimo piano con graffiti. Il parapetto di questo piano è vagamente decorato con festoni in rilievo allacciati a teste di leone sporgenti sopra stemmi. La spese fu di Lire 75 mila circa, poco più di Lire 35 al metro cubo”. Si tengano presenti le parole del Donghi; molti interventi edilizi progettati dal Caselli avvengono sopra edifici pre-esistenti. Inoltre, le dettagliate informazioni in possesso del Donghi possono solo essere di prima mano, cioè dettate dallo stesso Caselli. Quindi, sempre nel 1885 abbiamo un suo progetto di installazione di nuove fontane pubbliche da “addossarsi al muro” nelle località di Cafaggio e Potrignano e l’ “esproprio della casa Mannucci Leandro per l’apertura della strada da Piazza dell’Erbe alla volta del Livi”. L’intervento ci consegna l’attuale via del Mercato. Tutte le case comprese nella prospettiva che da Piazza delle Erbe corre lungo via del Mercato, vengono letteralmente “raddrizzate”. E’ l’unica parte del centro storico che perde in una certa misura la propria fisionomia medievale. Il Caselli fu sempre molto rispettoso delle testimonianze storico-architettoniche della città. Ma lo fu alla maniera del suo secolo. In suoi progetti, rimasti tali, vi è la volontà di allineare la  via Ghibellina con la via Beccheria atterrando alcune case al fine di dare prospettiva al Duomo e collegare visivamente il centro della città col nuovo ponte della Lugnola. Inoltre progettò l’abbattimento di case sulla Carriona tra la località detta Il Cavallo e la Lugnola al fine di allargare di buoni due metri la strada, facilitando il trasporto dei marmi. Anche il restauro del Duomo da lui eseguito conservava molti elementi barocchi negli interni e ripristinava la struttura romanica degli esterni. Questo intervento di restauro fu ampiamente documentato dal fotografo astigiano Vittorio Ecclesia. Queste fotografie, unitamente alle altre scattate ai più significativi  monumenti della città e ai progetti e ai prospetti delle principali opere pubbliche e private disegnate dal Caselli, furono esposte alla Esposizione Italiana di Architettura di Torino nel 1890 e sono tuttora conservati negli archivi torinesi. Lo sviluppo della città verso Puccinetta rendeva necessaria la costruzione di un nuovo e ampio cimitero che sostituisse quello napoleonico costruito nello spazio oggi compreso tra il Politeama e piazza Matteotti già Farini. Una esigenza che Caselli motiva sapientemente anticipando le sicure polemiche che sarebbero scoppiate di li a breve. In effetti un cimitero in città avrebbe limitato lo spazio disponibile alla crescita della stessa e quindi, “senza poter affermare che Marcognano riunisca in modo assoluto tutte le condizioni desiderabili per un Camposanto, risulta essere alle attuali condizioni di Carrara, la migliore località per la sede del Cimitero Monumentale. Per rispetto all’abitato di Carrara la località è adatta; sul fianco a mezzogiorno del monte d’Arma, in una ristretta valle, quasi appartata dalle abitazioni agglomerate e sparse di Carrara, in grembo ad una naturale concavità del monte, dove può accogliersi il gruppo principale del fabbricato e dove non può riuscire difficile una distribuzione di campi da sepolture, cappelle, colombari, viali, rampe, porticati, in modo da produrre, sotto alcuni punti di vista, varietà di scenici effetti. Questi effetti non furono da me, per nulla, cercati nel progetto di massima per un Camposanto a Marcognano, se pure ci sono, ed a parere mio adatti per questo genere architettonico, lo si deve alle condizioni del luogo che hanno in modo quasi esclusivo determinata la forma generale del Cimitero. Premetto subito che, essendo scarse le lunghe visuali, poca scena potrà offrire il Camposanto sin tanto ché lo spettatore non sia penetrato nel recinto. Solo chi viene da Carrara passando dalla Foce potrà vedere quasi completamente ed in scorcio il nuovo Camposanto; lo vedrebbe come in proiezione verticale, chi percorresse la ferrovia marmifera sul fianco del monte di Miseglia. La necropoli di Carrara è quindi appartata e può indurre nel visitatore, con questo suo carattere, un senso intimo di raccoglimento. Giudicando la fisionomia della località, colle idee di un mistico credente, la si trova adatta poiché, per i sensi riflessi che può produrre sull’animo, non è soverchiamente triste, né troppo amena, non vi ha in essa l’assoluto silenzio né il chiasso dei luoghi abitati, in compendio: la fisionomia del luogo è adatta alle tombe dei cristiani dell’età nostra: Nella scelta dello stile architettonico ho dovuto tener conto di due fatti: la limitata spesa, la natura del materiale da costruzione del luogo, le forme greco-romane che sebbene poco misticamente ricordino il fervore religioso dei cristiani, si acconciano meglio delle altre forme di architettura latina, romanza, bizantina, gotica, ecc. Colle forme greco-romane quali ho pensato di adottare, lo stile architettonico si trova d’accordo col sistema finanziario dei tempi che corrono! Per esse con un impiego di marmi limitato alle poche colonne e cornici importanti e col larghissimo uso del pietrame del luogo, murato ed intonacato, l’effetto d’insieme del Tempio centrale, dei porticati, dell’ingresso, delle rampe a cordonate, mi pare conveniente per un Camposanto. La costruzione del Cimitero potrà durare cinquanta – sessant’anni e più, in modo simile a quello tenuto nel medio-evo, per la costruzione delle più importanti chiese italiane. I cittadini agiati dovranno concorrervi coll’acquisto di Cappelle, di depositi particolari, o coll’ intraprenderne la costruzione per proprio conto e colle modalità che sarà per determinare il Municipio”. Ma la questione non si limita al solo monumentale perché “anche i Cimiteri delle Borgate, hanno bisogno di essere, alcuni ampliati, altri riformati, perché soddisfino alle richieste condizioni di capacità ed alle particolari convenienze del loro uso. Si procede quindi ai lavori di ampliamento o nuova costruzione dei cimiteri di Bedizzano , di Avenza e Marina, di Fossola  e di Gragnana . I lavori di costruzione dell’imponente edificio delle scuole “Aurelio Saffi” sono già iniziati il  22 gennaio 1887: abbiamo infatti notizia che sono in atto i lavori di sterro per il fabbricato delle Scuole Maschili”.  Il progetto, presentato nel 1885 e anche diffuso in tavola nella “L’area assegnata per l’edifizio delle scuole maschili, quale risulta dal Piano Regolatore è di metri quadrati 2120 ed ha forma quadrilatera con due angoli retti. L’edifizio può avere quattro fronti di cui tre prospettanti su nove strade e la quarta verso Piazza d’Armi, questa con lunghezza di 40 metri e sarebbe la principale; le secondarie avranno l’una 51 metri, l’altra 54 di lunghezza. L’area non è molta, tanto più se si consideri che oltre alle scuole primarie dovrebbero trovar posto anche le ginnasiali, tecniche e professionali . Il numero dei maschi che dovrebbero frequentare le scuole comunali secondo esatto calcolo sarebbe ora di mille allievi (gli iscritti sono quest’anno 800); si arriva alla conseguenza di dover richiedere pel nuovo edifizio delle scuole maschili di 1400 allievi, che ripartiti mediamente in numero di 60 per ogni classe, dovranno avere a loro disposizione ed in complesso 23 o 24 classi. Oltre agli ambienti destinati alle classi, occorrono corridoi di disimpegno, atri, antisale o camere per gli attaccapanni, sala ed anticamera per la Direzione, stanze ed alloggi pel custode e bidelli, una o due grandi sale per la ginnastica al coperto, una biblioteca pei maestri, alcuni gabinetti per deposito del materiale scolastico, una sala d’aspetto pei genitori e possibilmente una sala per conferenze pedagogiche. Sarebbe pur desiderabile il poter disporre di un vasto cortile per la ricreazione allo scoperto e per areare le classi ed i corridoi. Da questo abbozzo di programma, chiaro emerge il pensiero nell’architetto di far maggiore economia dell’area assegnata, di utilizzare tutte le fronti disponibili per ricavare le tante finestre che sono necessarie all’illuminazione di tutti gli ambienti sopra designati, la forma generale dell’edifizio resta quindi determinata dalla forma di quest’area”. Alla fine l’edificio viene realizzato con un piano in più rispetto al progetto. Scrive il Donghi  nel 1890: “I lavori di decorazioni in marmo e gli stucchi vennero eseguiti da valenti operai carraresi. Lo scalone venne decorato nel soffitto a volta con un grande medaglione di figure allegoriche dal valente professore Gaidano dell’Accademia Albertina di Torino: Le decorazioni di alcune sale vennero eseguite dal pittore-decoratore torinese signor Reordino. L’architettura di queste Scuole appare un pò fastosa nel prospetto verso la piazza, ma è assai più semplice negli altri tre prospetti e nell’interno del palazzo. Ricorda in alcuni punti certi palazzi di Venezia ed il modo della fine del quattrocento di Pietro Lombardo nella casa Vendramin; gli elementi decorativi sembrano subire dal piano terreno al tetto la legge dei crescendo musicali. Dall’ordine dorico romano con cornici architravate si passa nel primo e secondo piano pel cinquecento e si arriva nel cornicione al maggior fasto di questo secolo con grandiosi cartocci e fiori di fattura un pò spigliata che rasentano il barocco. Tutto ciò può essere discutibile in tema di critica d’arte, ma l’insieme riesce sufficientemente armonico e sopratutto gradito all’occhio”. Naturalmente sempre nel 1885 il tema della costruzione di nuovi e moderni edifici scolastici riguarda l’intero territorio comunale: viene standardizzato un progetto di edificio scolastico per le borgate, partendo dalla considerazione che “se le condizioni delle scuole di Carrara sono infelici, quelle delle Ville sono miserrime! (…)nel tipo di edifizio scolastico che presento, vi sono due piani e quattro classi, delle quali due per le femmine e due pei maschi, e può convenire per le Ville più importanti quali sarebbero: Fossola, Gragnana e Torano”. Una precisa priorità sarà attribuita al restauro e adattamento del Palazzo Pisani e dei cortili annessi per la sede del palazzo comunale. L’Amministrazione pubblica di Carrara è, in primo luogo, interessata alle opere di risanamento: “(…) ciò premesso parrebbero pallide le ragioni per cui, a lato degli enunciati lavori, possa stare la costruzione o l’adattamento di un edifizio per accogliere le aule e gli uffici dell’Amministrazione Municipale. L’Amministrazione saggia vuol provvedere al miglioramento dei servizi municipali senza profondere i danari dei contribuenti in costose manifestazioni d’arte, e sia; l’architetto associerà la prudente idea col programma dell’edifizio. E’ bene anzitutto avvertire che converrà toccare il meno possibile all’attuale Palazzo Pisani, se non l’adattamento diventa più costoso di un nuovo impianto; la modificazione più importante nel fabbricato esistente sarà la ricostruzione della scala; le più importanti sale, quella del Consiglio, della Giunta e per la celebrazione dei matrimoni dovranno essere ricavate in un nuovo corpo di fabbrica che occuperà una considerevole parte del cortile ed un pò del terreno contiguo nella proprietà della spettabile contessa Lazzoni”. Nel ottobre 1888 si appaltano i lavori . L’avviso pubblico di gara è affisso il primo ottobre 1888. Il capitolato delle opere e dei lavori da essere eseguiti a regola d’arte è dettagliatissimo, di una precisione e minuzia estrema: è lo stile di Caselli. Sempre nell’85, anno fertilissimo di idee e realizzazioni, viene presentato, unitamente ad una dettagliata relazione. il progetto per quella che diverrà la Caserma Dogali. “L’area da occuparsi è di mq. 3.800, tanta è resa necessaria dalle esigenze dei vari servizi e specialmente dal quasi obbligo di avere un vasto cortile il cui lato minore sia di 30 metri almeno di lunghezza, ed una zona di terreno per isolare la Caserma dagli altri fabbricati o proprietà contigue, che sia larga almeno sei metri. Le dimensioni del cortile (la maggiore è nel nostro caso di 32 metri) sono volute ampie per la natura delle esercitazioni che vi debbono eseguire i soldati in caserma, e nello stesso tempo giovano alla ventilazione ed al soleggiamento delle camerate o dormitori. La forma dell’edifizio è quella di un U, in cui i corpi di fabbrica sporgenti rivolti verso la Foce, sono meglio esposti a confronto del corpo longitudinale di fabbrica, e contengono i dormitori, per guida che loa fronte principale sarebbe rivolta verso la ferrovia marmifera o verso il centro dell’abitato in modo identico all’orientamento dell’edifizio delle Scuole Maschili: il sistema generale di distribuzione è quello maggiormente favorito presso il Ministero della Guerra; essendo quattro le compagnie da installarsi nella Caserma, ogni compagnia, composta normalmente di cento uomini, verrebbe ad occupare un piano di uno dei corpi sporgenti, due essendo i piani principali. Questi piani dei corpi sporgenti sono compartiti a forma di Casermetta cioè constano di quattro camerate-dormitori capaci di 24 letti ciascuna; ad una estremità sono: la camerata pei quattro sergenti, la stanza ed ufficio del furiere; all’estremità verso la strada: un camerone per esercizi, una stanza a disposizione, il lavabo e le latrine notturne. Così essendo costituite le quattro casermette, comunicano cogli altri locali della Caserma contenenti nel corpo di fabbrica longitudinale, per mezzo di un corridoio e di un loggiato in cui può aver luogo l’istruzione interna al coperto. Il corpo longitudinale che lega così le casermette, contiene al pian terreno: il corpo di guardia, le sale di disciplina, le prigioni, la stanza per l’ufficiale di picchetto, la sala di scherma, le scuole pei sott’ufficiali, caporali ed aspiranti caporali; al piano superiore: le sale per la maggiorità cioè una sala per la riunione degli ufficiali e pel rapporto, gabinetto pel Maggiore e per l’Aiutante Maggiore, stanze pel furiere e sott’ufficiali, pei scrivani, pel piantone; sonvi inoltre l’infermeria, le stanze pel medico e pei medicinali, l’alloggio per un ufficiale, una biblioteca ecc. Approfitando delle condizioni altimetriche delle strade fronteggianti la caserma e desiderando di rendere perfettamente asciutto e sano il piano terreno ove sono le camerate, ho pensato d’introdurre un piano semi-sotteraneo dell’altezza di metri 4,50 che in alcune parti dell’edifizio emerge sul suolo delle strade di metri 2,50, in altre parti di soli 80 centimetri. “In questo piano sono installate, nella posizione migliore: la vivanderia, la cucina e la mensa dei sott’ufficiali, la cucina ed un vasto locale pel rancio dei soldati. Nelle parti meno illuminate del piano sono i ripostigli e magazzini diversi attinenti ai vari servizi. Le camerate hanno una pianta rettangolare di mq. 98, lunga metri 16,30 e larga metri 6, ed un volume d’aria di 500 metri cubi, (il volume dell’ambiente sarebbe di 20 metri cubi per ogni soldato) e sono ventilate a mezzo di canne da camino che si praticheranno nei muri di tramezzo fra l’una e l’altra camerata e che essendo munite alla loro estremità emergente dal tetto di apposito areo-ventilatore (in lamiera di ferro), aspirano dalle bocche ricavate lungo il loro percorso, a poca distanza dal pavimento delle camerate, l’aria viziata di queste. Per rendere indipendente l’uso del porticato e dei corridoi destinati alle esercitazioni interne, ho provveduto coll’introduzione, nei due piani principali, di un corridoio secondario parallelo ed adiacente al loggiato, il quale serve al disimpegno del loggiato e della sala di Maggiorità, dell’infermeria ecc. Il piano semi-sotterraneo serve, oltre che ai servizi secondari della caserma, anche a rendere perfettamente asciutti i dormitori del piano sovrastante mentre allo stesso scopo nella parte del fabbricato dove non si ricavò il piano sotterraneo si è provveduto colla costruzione di sottili volticelle di mattoni, sostenute da tramezzi di muratura e sotto le quali liberamente circola l’aria. Nel piano sottotetto che ha una speciale importanza, per la molta profondità dei corpi di fabbrica, si possono ricavare grandi cameroni che s’illuminano facilmente con luci in forma di abbaino sporgente sul tetto, dai lati verso il cortile. In questo piano si può collocare l’alloggio pel vivandiere e potranno dormirvi a paglia-terra i soldati durante il ricambio del battaglione. Un piccolo corpo di fabbrica richiude, dalla parte verso la Foce, il perimetro della Caserma, e che consta di un sol piano ed in parte di ammezzato, contiene le scuderie per cinque cavalli, una selleria, il fienile, una rimessa per due veicoli, un lavatoio per i soldati, ed in due gruppi, le latrine diurne. La pianta del fabbricato occupa un’area di mq. 2434; il cortile e terreno annesso alla Caserma misura mq. 1266. Il volume del fabbricato emergente dal suolo è di metri cubi 180mila, quello immerso e che contiene la parte sotterranea del piano semi-sotterraneo è di metri cubi 7 mila. Il volume complessivo delle camerate è di 80mila metricubi; il volume degli ambienti sottotetto e che potrebbero servire da camerate provvisorie è di metricubi 3700. Rispetto al cubo totale del fabbricato (vuoto e pieno) si avrebbero circa 80 metricubi d’edifizio per ogni soldato. Ciò dimostra la comodità e l’ampiezza della progettata Caserma rispetto ai 400 soldati che la dovranno occupare e dimostra nello stesso tempo che in straordinarie contingenze può accoglierne un numero maggiore. “La spesa preventivata per l’acquisto del terreno e per la completa costruzione dell’edifizio progettato è di Lire 220 mila; per ogni soldato si avrebbe una spesa di Lire 550”. L’edificio è terminato entro il 1890; scrive infatti Daniele Donghi: “Quest’edifizio era destinato per un battaglione di fanteria, cioè per 4 compagnie sul piede di 100 uomini e l’Amministrazione comunale, che assai prima dei moti sovversivi del 1894 sentiva la necessità di un forte ritegno morale e materiale, si teneva lusingata , oltre che dalle promesse di qualche Ministro della Guerra, dalla speranza che spontaneamente l’Autorità militare avrebbe in seguito riconosciuto la necessità di stabilire in Carrara importante nucleo di truppe in ordinario presidio, abbandonando il sistema tenuto sinora dell’intervento saltuario, più costoso e meno gradito alla popolazione dei soldati in servizio straordinario di sicurezza pubblica. Comunque sia, quel Municipio decise la costruzione di una caserma capace comodamente per 400 soldati di fanteria in stabile residenza, degli uffici per il comando anche di un reggimento e capace eventualmente di alloggiare temporaneamente altri 400 uomini. (…) Le linee esterne del fabbricato sono semplici e arieggiano senza affettazione e pretesa quelle di alcuni monumenti medioevali della Toscana; la decorazione è ottenuta con pietra arenaria e con un calcare roseo delle stesse cave di Carrara, distanti poche centinaia di metri dal cantiere. L’effetto complessivo riesce buono e non privo di eleganza. Ma ciò che può formare lo stupore di coloro che si occupano della economia delle fabbriche, è questo: che, ad onta delle difficoltà e maggiori spese non previste per le fondazioni, il costo dell’edifizio fu di sole lire 362.060,90. La spesa risulta cioè inferiore a L. 9 per ogni mc. di fabbrica utile, senza contare la parte sotterranea, che vene risanata ed è utilizzabile quanto quella dei piani superiori. Nessun edifizio simile è costato sinora meno di questo.” Il Caselli risulta, più volte, essere in contatto con gli ambienti torinesi. Il 9 febbraio 1887 suggerisce al Sindaco di Carrara di richiedere la “Relazione a stampa della Commissione Municipale di Torino intorno alla fognatura. “E’ un preziosissimo documento che pochi privati hanno potuto avere e che viene più facilmente rimesso ai Municipi. In esso stesso contenente le decisioni ed i giudizi dei tecnici più valenti intorno ai diversi sistemi di fognatura adottati in Europa. E’ al relatore Signor Cav. Ing. Severino Cesana Ispettore Municipale che conviene rivolgersi”. Nei complessi rapporti con la realtà subalpina è certo costante e principale tramite il fratello Crescentino. Una lettura approfondita del carteggio tra i due, tuttora conservato dagli eredi, illuminerebbe non poco. Si completa nel 1886 la demolizione della volta del Livi. Come abbiamo già potuto vedere è una delle poche opere effettuate all’interno del centro storico della città. Il 6 agosto 1886, “a forfait per trattativa privata” vengono affidati i lavori per la demolizione, secondo il piano regolatore, del fabbricato la Volta del Livi”. Nel 1886 troviamo ancora un progetto da lui firmato per la costruzione di una casa all’angolo della via Aronte con la via Giuseppe Garibaldi. Quindi progetta nello stesso torno di tempo un nuovo cancello di ingresso per la villa del “Colombarotto” di Carlo Fabbricotti. Nel 1887 abbiamo la sistemazione del “piazzale di fianco al Teatro di proprietà della Società degli Animosi” e quindi di casa Pelliccia in corso Vittorio Emanuele. Sempre di questo periodo è la riproduzione di suoi disegni su carta cianografica. Questo ci fa sperare nella possibilità che in archivi privati possano ancora esistere copie di disegni e progetti attualmente non noti. Si completa infine la sistemazione della piazza d’Armi. Le opere urgenti per la sistemazione della piazza, sono appaltate nel 1885 ma non ancora concluse due anni dopo. Leandro Caselli presenta il 26 luglio 1887 una relazione di progetto con relativo preventivo di spesa per il completamento delle opere. Si legge nella relazione: “Questa Piazza  si può destinare a luogo di ritrovo e di passeggio sistemandola ad imitazione dei piccoli parchi di Parigi e delle altre città, con uno scomparto appropriato di aiuole, di macchie d’alberi di variato aspetto e di filari d’alberi, sotto cui possa riuscire gradevole il passeggio nelle ore bruciate della calda stagione”. Come detto in altra parte, viene consultato  il prof. Cav. Giuseppe Roda di Torino : “E’ opinione di questo Specialista che si possa dare aspetto alla piazza in forma di parco con leggere ondulazioni del terreno nella aiuola principale, con macchie d’alberi mantenendo le migliori visuali che dalla piazza stessa si hanno verso i circostanti fabbricati e verso i monti, servono a mascherare coll’arte che tutto fa e nulla scopre le circostanti case di poco buona apparenza”. Sempre nel 1887 progetta una casa in via Castelfidardo. Il 23 agosto 1887 sempre a sua firma è presentato un progetto di casa “ da edificarsi con la fronte principale su Via Castelfidardo e costituita da un piano terra e da due piani rialzati”. L’edificio, ora prospiciente via Ceci, già Castelfidardo, mantiene in “scala” alcune caratteristiche progettuali tipiche degli altri edifici ma, nello specifico, ha ancora segni di decorazioni ed affreschi molto coerenti con quelli di palazzo Binelli che è progetto coevo. Anche in quel caso parte da un edificio presistente utilizzandone le fondamenta e parte dei muri portanti per poi sviluppare con “leggerezza”statica e volumetrica il proprio progetto. Il 19 gennaio 1888 abbiamo “un progetto di restauro di una casa fronteggiante in Via Santa Maria e Via dell’Arancio; il prospetto in via Santa Maria è la riproduzione in stile, eseguita in modo dettagliato, di altre case medioevali esistenti nel centro storico di Carrara”. Stiamo parlando di casa Caflish. Sempre nello stesso periodo si  provvede alla “provvista di piante pel nuovo Viale di Potrignano”; il boulevard nato sulle antiche mura albericiane è ormai ultimato e, infine si chiude la progettazione e la messa in tavola del complesso progetto del Politeama Giuseppe Verdi.  “La fabbrica del Politeama Verdi assunta da una coraggiosa ditta privata (Ingegnere A. Scarzella e Comp.) in base alla concessione gratuita del terreno da parte del Municipio, comprende un vasto teatro diurno e notturno capace di 2000 spettatori (con 1500 posti a sedere), e due gruppi di case civili da pigione collegati col vestibolo. La costruzione doveva conciliare molti riguardi, l’interesse del Comune e quello del concessionario, l’uso pubblico del teatro, la comodità ed indipendenza delle abitazioni nei fabbricati contigui, la sicurezza dagli incendi e soprattutto il costo limitato della fabbrica. Il sistema antonelliano della costruzione servì ad ottenere in gran parte questi scopi; pilastri, archi, volte e ferro sono i mezzi onde è contesto quel fabbricato: è il primo esempio nella costruzione dei teatri in cui il palco scenico sia coperto con volte reali come le nostre basiliche. Vi sono infatti tre grandi volte a botte sostenute da quattro archi di muratura a sesto rialzato, della luce di metri 16, che portano la copertura del tetto in tegole di Marsiglia, senza l’impiego di travi, travicelli e listelli e che sorreggono il tralicio ed il macchinario delle scene per mezzo di tiranti e travi in ferro che ne formano l’ossatura. La sala del teatro a due ordini di gallerie, con palchi nei soli fianchi, misura dal bocca-scena al fondo dei muri metri 24 per una larghezza da muro a muro di metri 17. Il soffitto è formato con una rete metallica rivestita di intonaco ed è sostenuto da incavallature in ferro a falce eseguite dalla ditta Fratelli Invitti di Milano. Nel soffitto è ricavato un grande occhio di metri 6 di diametro per la ventilazione ed illuminazione migliore della sala e per rendere possibili e facili le manovre e gli attacchi degli apparecchi per giuochi ginnastici. Sono dipinte nel soffitto su di un fondo continuo, a guisa di cielo con leggere nuvole, delle graziose figure in vari gruppi, rappresentanti l’apoteosi delle arti, opera del valente pittore piemontese Gaidano. La parte centrale dell’edifizio con prospetto sulla piazza Carlo Luigi Farini, è destinata alla sede di un Circolo educativo; vi è una sala da ballo, che misura metri 19 di lunghezza per 12 di larghezza, vaste sale per bigliardi, conversazione, ecc.. Nel piano terreno e nel piano sotterraneo, emergente dal suolo di circa un metro, e quindi sufficientemente illuminato da grandi finestre, vi sono: un grande vestibolo con gallerie, un caffè ed ampia sala destinata ad esercizi di pattinaggio. Nei due gruppi di case contigui al teatro sono ricavati circa 400 locali, distribuiti in alloggi da 4 sino a 12 stanze, e che parvero comodi e di ragionevole prezzo di locazione, tanto che vennero occupati appena compiuta la costruzione. Il costo dell’edifizio, compresi i marmi e le decorazioni, raggiunse appena le lire 12 per metro cubo. Il teatro venne dedicato al principe della musica ed inaugurato nel novembre 1892 con spettacoli di primo ordine. La sala fu riconosciuta sufficientemente adatta per gli effetti acustici e ottici, per gli spettacoli d’opera, per la commedia e per gli spettacoli equestri” . Ad un certo punto il Caselli diviene detentore della quota del 10% del Politeama insieme a Scarsella e Ferrero che detengono la restante del 90%. E’ piuttosto frequente che il progettista venga pagato con immobili realizzati dall’impresa costruttrice, specie quando i lavori collimano con periodi di crisi ciclica e di scarsa liquidità. Nell’appartamento di sua proprietà installerà il proprio studio di progettazione e l’abitazione privata per la numerosa famiglia. Sempre nel 1890  si costruisce l’Asilo infantile Giuseppe Garibaldi in via Solferino. Il terreno è donato dalla famiglia Binelli; una casa rustica occupa parte dello spazio e viene abbattuta per edificare l’edificio. “L’Asilo Garibaldi è organizzato su due piani, con il terzo a tetto, destinato ai locali di servizio. Dal porticato di ingresso, voltato e con colonne di sostegno in marmo, partono le ampie scale che conducono al primo piano. La costruzione ha un carattere decisamente monumentale, chiaramente riscontrabile nelle elevate altezze di piano, nell’ampiezza delle aperture e nei soffitti affrescati di alcune sue sale” . L’edificio è completato nel 1892. Curiosamente lo troviamo in pianta come progetto già nel 1885, prima delle scuole maschili Saffi. Nello stesso periodo viene realizzato per Bernardo Fabbricotti l’ingresso della  sua villa della Padula. L’edificio principale è del Micheli ma alcuni interventi possono essere del Caselli, anche la sistemazione del parco all’inglese potrebbe essere stata suggerita dallo stesso, mentre la torretta è “ una geniale costruzione sui generis, con mattoni in vista, ispirata al medioevo toscano, con merlatura guelfa. Essa contiene la porta d’ingresso e i locali di portineria della villa La Padula del ricco possidente signor Fabbricotti” . Le stesse tematiche sono riprese, con una maggiore abbondanza di decorazioni e finiture, nel 1901 da Vincenzo Bonanni (Carrara,1869-1914) nella costruzione della portineria della villa al Cornevale in Carrara. Nel 1890 iniziano i lavori del Palazzo Fabbricotti al Colombarotto poi detto della “Moretta”. Il progetto viene presentato il 18 giugno 1890. Si chiede di “edificare sopra una porzione del terreno sito al Colombarotto in confine colla Via Cavour e Corso Vittorio Emanuele, una porzione di casa ad uso civile abitazione e  di modificare l’ubicazione dell’attuale pubblica fonte del crocevia alla nuova residenza della nuova residenza e della R. Camera di Commercio ” . L’edificio viene terminato, con modifiche sostanziali delle decorazioni di facciata, su progetto di Vincenzo Bonanni nel 1901. “Il palazzo è interessante,  perchè e probabilmente il primo degli edifici d’angolo con pianta a L costruiti a Carrara” . Sempre del 1890 è il  progetto per la palazzina della Cassa di Risparmio di Carrara. Si intende la sede in corso  Vittorio Emanuele Il davanti al palazzo Fabbricotti della Moretta. L’intervento avviene sopra un edificio precedente, già appartenente alla famiglia Cacciatori , modificandone la sagoma perché troppo sporgente sulla prospettiva in asse  di via Cavour. Anche il progetto iniziale del palazzo ora sede della Cassa di Risparmio è opera di Leandro Caselli . La soluzione definitiva- elaborata tra il 1902 ed il 1909 da Domenico Zaccagna- che: “ha mantenuto molti dei caratteri compositivi del progetto iniziale, come la scansione tripartita della facciata, il motivo neorinascimentale degli archi e la previsione del portico al piano terra, se pur ridotto al solo atrio di ingresso”. L’ultimo, in ordine di tempo, dei progetti del Caselli per l’anno corrente è quello del 3 novembre 1890  presentato per casa Cucchiari al Bugliolo in Carrara. In questo caso venne modificato dal Caselli il prospetto dell’edificio, la cui costruzione era già avviata. Alcune soluzioni concettuali non sono distanti da quelle già adottate per altre opere. Ciò nonostante il palazzo ha caratteristiche assai peculiari. Non credo esista attualmente un dettagliato elenco delle opere progettate ed eseguite dal Caselli in città e nei dintorni. Questo elenco non può prescindere la progettazione di opere inerenti il proprio ufficio e dovrebbe comprendere tutte quelle di edilizia privata cui Caselli diede anche solo contributi di carattere non sostanziale. Non sono poche.